Staccare il telefono prima di mettersi a letto

Iena Audiens


Drrrin…Driiiiinnn
Nero
Solo nero intorno
Driiiiiiiiiin
Ogni squillo sembrava più lungo e con pause maggiori
Oggetti indistinti
Bicchiere… a terra… Vibratore… nel secchio… telefono… preso
“Mnn…See pronto?”
“Salve mi scusi, volevo dirle che si chiama Donatella ha 26 anni e dovrebbe essere lì vicino a lei e…”
“Mi scusi un secondo… La interrompo… mi sà che forse ha sbagliato numero, non credo di avere nessuna vicina di nome Donatella”
“Ah… ok… ma…”
“Guardi mi ha svegliato arrivederci”
Come si era svegliato cosi si riaddormentò, ma lo fece maledicendo Antonio Meucci e tutta la sua discendenza.
Ricadde in un sonno che dir profondo è poco
Un sonno nero senza sogni
Pesantissimo
Dove le orbite sembravano implodere nelle cavità oculari senza alcuno scampo
Poi il silenzio dissolto pian piano da un sibilo
Non era un sibilo
Era più simile al rumore di una turbina odontoiatrica ad intermittenza
Sembrava dare un ritmo aggiuntivo al suo solenne respirare
Adesso lo riconosceva… era di nuovo il telefono
“... Si pronto”
“Non mi ha fatto finire... Dicevo che la ragazza al suo fianco si chiama Donatella, e che troveranno il suo seme nella sua bocca, quindi non vale la pena che si agiti”
“Senta… Anzi senti, non sò chi cazzo sei tu e sappi che mi hai svegliato ma nel mio letto ci sono solo io e…”

Ricordare di prendere gli anti epilettici


Allungò le mani alla cieca  sull’altro lato del letto
Dopo aver vagato sul lenzuolo abbandonato, le dita sfiorarono qualcosa di indistintamente soffice, ancora tiepido
“Ma che cazzo…”
Cercò l’interruttore a tentoni, non avendo idea di dove fosse
La lampada cadde nel secchio a far compagnia al vibratore.
E poi il lampo di luce
E poi quel piccolo dolore quotidiano delle pupille che si spalancano
Messa a fuoco rallentata, filo del telefono intrecciato tra le dita e cornetta appesa a blaterare da sola
Dalla sua bocca aperta, accanto al rivolo rinsecchito degli umori notturni, pendeva tutto lo stupore del ritrovarsi un fottuto uccello morto nel letto
Un merlo
O un corvo, una cornacchia
Non aveva mai capito un cazzo di uccelli
Neanche una reminescenza di quelle noiosissime, allora fantastiche, passeggiate col nonno e il suo rimpianto della doppietta da cacciatore
Comunque era grosso, nero e cominciava anche a puzzare
E lei dov’era?
I Furetti, gli altri Uccelli Non Identificati, e la Volpe sembrarono scrutarlo con disapprovazione dalla zona d’ombra in cima alle mensole e all’armadio
“Te la sei lasciata scappare di nuovo…”
“Fatevi i cazzi vostri, Voi” disse seccato agli animali impagliati
“Ok. Fingi di essere una persona normale. Di quelle che non sentono parlare corpicini morti, irrigiditi dalla formalina, o qualunque altro essere inanimato capiti a tiro. Tanto lo sai cosa significa questo…”
Lo sapeva
Porse lentamente la cornetta all’orecchio, un respiro lo stava ancora attendendo
“Bene, immagino stia cominciando a comprendere la situazione. Ripeto, ormai non c’è tanto da agitarsi. Sarà una questione di pochi minuti”
Gli occhi tornarono al cadavere nero al suo fianco, riappese la cornetta.
“Faresti meglio ad ascoltarla bello. Saranno qui a momenti.” disse il Corvo, o quello che era, spalancando gli occhi vitrei
“Ah, ricorda gli antiepilettici. Lo sai bene che quelle sedute di ipnosi non sono servite a un cazzo”

Ascoltare i suggerimenti dell'Ermellino

Iena Audiens


“Zitto zitto!! Apnea... dove cazzo sei apnea, dove, quando mi servi?!”
Cercando di pensare il meno possibile, cominciò a fendere l’aria con le braccia disegnando velocissime parabole orizzontali
Prima sul letto, cercando di evitare il corvo-merlo e quello che sembrava un misto di feci e sangue
Poi fiondandosi a terra facendo scorrere i polpastrelli sulla moquette bagnata
“Bagnata?Ahahaha ...Non ha senso tutto questo”
“Dove cazzo le ho messe?”
“Cretino sono nel solito posto” lo rimproverò l’Ermellino
“Fottiti sottospecie di pene albino del cazzo!!”
Si, ora ricordava. Il solito posto.
Con ferocia mista ad eccitazione scoperchiò il vano batterie dell’immenso vibratore e ne recuperò il sacchetto pieno zeppo delle magiche pillole
L’ermellino gli sorrideva.
No non gli stava sorridendo. Stava ridendo di lui.
“Grazie bislungo, a buon rendere!”
L’istante dopo i 50 grammi di lattice che aveva in mano avevano diviso a metà il corpo dello sfortunato suggeritore
“Dove cazzo sono le mie scarpe?”
A terra c’erano solo scarpe da donna... E tutte sinistre
“Ahahahahah... Svegliatemi vi prego!!”
Frugò nella tasca della sua gonna alla ricerca delle chiavi della macchina
“Gonna? Che cazzo indosso a fare una gonna? Velluto rosso?”
In strada l’inconfondibile rumore di due auto che inchiodano, quasi all’unisono
Si affacciò e vide due furgoni rosa e neri dalle cui pance uscirono senza la minima grazia la bellezza di 8 uomini armati fino ai denti
“Perché? Ma che cazzo vi ho fatto?” si chiese ”Se in mezzo a voi c’è chi mi ha conciato così gli strappo le palle”
“Odio il velluto ed il rosso cazzo” urlò mettendosi le prime due scarpe sinistre che si trovava a portata di mano

Indovinare chi viene a cena




Il gigante conciato a festa cominciò a vagare per quella che sembrava una canonica e borghese casa di villeggiatura. Grottesco e claudicante.
Prendere una decisione
Nascondersi? Idea di merda. Solo a vederli si percepiva la netta intenzione di ribaltare senza ritegno anche le assi del pavimento.
Prendere una decisone
Fuga dalla finestra del bagno? Come fanno i tizi con la merda al collo nei film?
Prendere una decisione. In fretta. Prendere una cazzo di decisione, coi piedi intrappolati in due scarpe spaiate e il culo striminzito in una gonna di velluto rosso.
“Nei film non sono conciati così però cazzo”
Un po’ di dignità è dovuta anche al più sfigato dei protagonisti di un dramma.
“Troviamo questo cesso”
Ed ecco il cesso. Si riconosco a vista d’occhio le porte discrete dei cessi. Ultima porta in fondo a un candido corridoio.
Ed ecco anche i tizi del furgone, che stavano scardinando la porta con quello che sembra un Ariete Medievale.
In un attimo si chiuse a chiave la porta alle spalle. Gesto automatico. Anche nei film si sa, non serve mai a un cazzo.
Ed ecco il cesso, ed ecco la canonica finestra. Stretta da morire.
Gettò involontariamente uno sguardo allo specchio: un mostro disfatto in gonna di velluto rosso. Occhi gonfi, barba di tre giorni.
E poi, al centro del petto, un marchio a fuoco.
“MA CHE… CAZZO…”
“7…23…69…90…JF” lesse nello specchio
Poi il tonfo. La porta doveva aver ceduto all’Ariete Medievale.
In un attimo era in piedi sul cesso. Tirò per prime le Scarpe Sinistre di sotto. Poi giù, di testa senza pensarci
“Meglio una faccia rotta che nelle mani di quelli” si disse. Nel momento in cui crollò rovinosamente su quella che al primo contatto con la pelle sembrò una pietra lavica incandescente.
Era, in effetti, una pietra lavica incandescente.
“Chi è questo signore Papà?” disse una Bambina guardandolo attraverso degli enormi occhiali da sole, con la testa leggermente girata.
“La cena, Piccola. La cena” rispose il Padre “Dì alla Mamma di cominciare ad apparecchiare!”


Continuare a correre, non voltarsi



“Cazzo. ma anche il sale grosso avete messo” recuperando le scarpe finite nella salsa di mele ”Cena un cazzo! Poi ne riparliamo alla prossima riunione di condominio brutti nani di merda...”
Cercando di staccarsi i cubi di sale grosso dal fianco sinistro, ormai un misto di carne ustionata su velluto rosso, riprese a correre
Dietro di lui sentiva le urla dei ceffi affacciati dalla finestrella del bagno, che imprecavano come prigionieri della peggior prigione turca, sempre più lontane
"Seminati, ma non ancora per molto… Mi riprenderanno… Loro non hanno due scarpe sinistre"
Svoltò a sinistra verso un vicolo che gli sembrava familiare
Riprese fiato e si rimise le scarpe sporche di salsa alle mele con immenso piacere del suo piede destro
Con la schiena attaccata al muro gli occhi chiusi e la bocca aperta cerco di far rallentare i battiti cardiaci
“Equilibrio perfetto... Fortuna… Violenza ed imperfezione ... Paura…” cominciò ripetere come fosse una nenia
Perché aveva quei numeri sul petto. E perché marchiati a fuoco
Ancora un altro interrogativo e sarebbe impazzito... Lo sentiva
Il cuore aveva ripreso a battere ad una velocità normale e non più modalità topo in gabbia con mamma pitone davanti
Il fianco faceva ancora male… Qualche granello di sale doveva essere ancora rimasto nella carne viva
Cazzo se faceva male
I nani del piano terra si erano messi a cucinare stile teppanyaki nel giardino condominiale
Tutto questo non aveva senso
“Pensa, pensa, pensa, pensa, pensa cazzo...”
Sgommata… Altra sgommata… Urla concitate… Di nuovo loro… Non è possibile
“Merda ma che volete da me? Che cazzo vi ho fatto?!!” urlò riprendendo a correre
Chiuse gli occhi e nonostante le maledizioni del piede destro riprese a corre come mai in vita sua aveva fatto
D’un tratto il vuoto... Aveva chiuso gli occhi per troppo tempo?
Cominciò a cadere e riaprendo gli occhi si accorse del buio sotto di lui
Si mise a gridare, ma non ne usciva che un sibilo strozzato
Aria calda in faccia, poi il nulla. Silenzio
Aveva qualcosa in bocca… Un grosso cazzo di gomma…
Aprì gli occhi piano piano e si rese conto d’essere sul pavimento di una stanza…
Era caduto da letto ed aveva la stufetta che gli sparava aria calda dritta in viso... Le labbra sul cazzo erano ormai secche


Pernottare in alberghi fuori mano




Poi, da dietro la stufetta, due scarpe
Nere, altissime
Dentro le scarpe due piedi affusolati e candidi, fasciati delicatamente da sottilissime calze
“Ehi, tutto a posto?”
Ti sembro a posto? Avrebbe risposto se solo avesse potuto parlare
“Beh, fai come ti pare… mi sono presa la libertà di chiedere il servizio in camera. Tutto sul tuo conto s’intende. Se riesci a uscire da questo stato pietoso dillà dovrebbero essere rimasti dei croissant e delle uova strapazzate”
Si dice che da come prende uno le uova si capiscano molte cose
“Strapazzate proprio no” pensò “Mettono confusione e sono antiestetiche”
I piedi nelle scarpe nere si spostarono elegantemente in un punto fuori fuoco della stanza, affondando senza rumore nella moquette
Fece per sollevarsi e il mondo gli cadde addosso, letteralmente
Cos’aveva? La schiena rotta?!
Poi un flash di quegli stessi piedi nelle scarpe nere, affondare senza rumore
Stavolta nella pelle della sua schiena però
Un dolore simile a quello dei grani di sale grosso, svaniti nel sogno
“Io la devo smettere con quella roba” si disse, pensando che se l’era detto tante volte prima
E che non era facile smettere quella patetica trasgressione del martedì sera
Specie se la trasgressione te la serviva su un piatto d’argento una come Miss Tacchi Neri
Si rigirò su sé stesso, stendendo la schiena martoriata sulla moquette e sfilandosi il vibratore dalla bocca
Tentare di alzarsi sarebbe stato un gesto presuntuoso al momento
Il vano del vibratore era stato svuotato, anche qui
“Ma stavolta niente animaletti impagliati a rompere il cazzo”
Stavolta sapeva benissimo dov’era
Come ogni Mercoledì mattina di svegliava in una costosa suite, di quegli alberghi fuori mano, nei pressi dell’aeroporto. Manteneva una certa discrezione ed era più comodo per gli Altri
Alzò a fatica lo sguardo davanti a sé, e come prima cosa notò che il vibratore non era l’unico souvenir che aveva portato via con sé dall’incubo di quella notte

Nascondere tutto come ogni Mercoledì

Iena audiens




Il vestito di velluto rosso era piegato sulla sedia vicino al comodino
Su di esso si poteva vedere il palinsesto della tv via cavo,tutto spiegazzato e sporco di sangue
Si toccò il culo… tutto ok nulla di rotto… anche perché c’era poco da rompere
Si ficcò tre dita in bocca e le fece scorrere lungo tutte le pareti ma nulla... nessuna lacerazione
Un attimo... in bocca però sentiva l’inconfondibile sapore metallico del sangue
“Ma allora che cazzo…” e mentre ancora si interrogava sul perché di quel sapore notò come tra un dito e l’altro avesse dei profondi tagli… classici tagli da carta... i più odiosi… maledetti
Niente… non si era dato per vinto… aveva ripreso a farsi torturare la mano destra con quello stupido gioco perverso dei palinsesti
Era più forte di lui… mentre veniva succhiato voleva che gli si martoriasse la mano destra con del cartone
Il suo preferito appunto quello degli alberghi… rigido ma non troppo, plastificato quanto basta… letale al punto giusto
... e poi signori un pompino senza mani è sempre un pompino senza mani… carta o non carta
Riuscì con uno sforzo infinito a mettersi in ginocchio
“Un vibratore ed un vestito rosso rovinato” farfugliò con le mani ben piantate a terra
“Meglio della scimmia che l’altra volta voleva per forza ficcarmi la banana in culo” sorridendo tra sé e sé
Ok che ore sono… cazzo le 11... tra due ore esce Giulia di scuola…
Afferò il cellulare… “Che cazz…”  infilato in un preservativo… ben oleato… un attimo
“Ahahahahahaahahhha che troia giuro che la prossima volta che la vedo me la paga… ahahahhhah”
Sciaff. Via il preservativo… “Cazzo non mi ricordo il numero… ah si…”
Tuck tuck tu tuck tuck tuck
“Il numero da lei chiamato non è al…”
“Mavvaffanculo non si fa trovare mai quando serve…”
Perché l’ho sposata? perché c’ho fatto Giulia?”
Perché la amavi coglione
Ma perché quel sabato sera di agosto allora nella casa al mare ti sei fatto trovare in quello stato sporco di sangue con quei nani che giravano per casa intrippati come 14enni al primo tiro di Popper?